Il rocchetto di Ruhmkorff
Per eseguire esperienze didattiche abbiamo deciso di costruire un generatore di scintille secondo il principio di funzionamento del noto rocchetto di Ruhmkorff.
Essenzialmente, un rocchetto di Ruhmkorff è costituito da due avvolgimenti.
Il primo è generalmente avvolto su un nucleo di fili di ferro e dotato di un interruttore (come un campanello) per creare e interrompere la corrente primaria. Più velocemente questo avviene , maggior tensione è indotta nell’avvolgimento secondario dalla rapida variazione del flusso magnetico nel nucleo. Il secondo avvolgimento, o secondario, generalmente avvolto in bobine su un tubo isolante e posto sopra il primario.
Un piccolo condensatore è collegato in parallelo ai contatti dell’interruttore per assorbire la scintilla della corrente primaria, provocando una interruzione più rapida e una tensione secondaria molto più elevata.
Su di un vecchio libro di esperimenti con l’elettricità c’era un progetto, con tutti i dati necessari, che faceva al nostro caso.
Così é cominciato il reperimento del materiale necessario.
Poi vedendo delle immagini dei rocchetti di Ruhmkorff conservati nei vari musei è venuta l’idea di farne una riproduzione delle dimensioni ormai decise ma di aspetto simile a quelli costruiti verso la fine del milleottocento come quelli mostrati accanto, naturalmente impiegando possibilmente solo materiali che si potevano trovare a quell’epoca.
Il nucleo è stato realizzato con fili di ferro ricotto (da un rocchetto ad uso dei carpentieri). I fili sono stati inseriti ben dritti ed egualmente lunghi per riempire quanto più possibile lo spazio disponibile. Forse sarebbe stato anche opportuno verniciarli perché le perdite per correnti parassite possono diminuirne di molto le prestazioni. Un altro requisito essenziale del nucleo è quello di smagnetizzarsi completamente al cessare del passaggio della corrente, basta infatti anche un piccolo magnetismo residuo per originare perdite per isteresi e pregiudicare così il funzionamento del rocchetto
Sul nucleo così formato si è messo una sottile tela imbevuta di vernice isolante quindi si è avvolto il primario del rocchetto formato da un solo strato di filo piuttosto spesso. Il nucleo con il primario così realizzato e stato inserito in un robusto tubo di cartone bachelizzato. Il tutto è stato realizzato in modo che il secondario si possa avvolgere a parte ed inserire sopra il rimario così da poterlo montare o smontare in modo semplice, ove necessario .
La base è stata realizzata con un pezzo di legno di ciliegio opportunamente fresato e scurito con mordente noce.
Le colonnine e i serrafili sono stati realizzati tornendo una barra di ottone da 12 mm, nella parte inferiore di dette colonnine si è inserito un pezzetto di barra filettata di ottone, (vedi immagini allegate). Le manopole di comando sono state realizzate o con una barretta di ottone messa di traverso o con una godronatura superficiale. I contatti per l’interruzione della corrente primaria sono stati ricavati da un pezzetto di filo d’argento di 2 mm di diametro inserito nei fori predisposti e fissato per espansione con un colpo di martello.
I porta contatti tra cui scoccano le scintille sono realizzati con una barretta di ottone filettata ad una estremità e con un manico in legno di noce dall’altra. I contatti intercambiabili sono di varie forme e si possono avvitare rapidamente su queste barrette.
La realizzazione del secondario é stata la maggiore difficoltà ed ha richiesto molto tempo. Come dal progetto da cui si è partito il secondario è diviso in cinque sezioni, all’inizio si pensava a realizzare cinque bobine separate ed unirle alla fine una volta montate, ma per la difficoltà di maneggiare un conduttore sottilissimo e nello stesso tempo assicurare le distanze di isolamento si è deciso di avvolgerle su di un unico supporto, interponendo gli opportuni isolamenti tra le varie sezioni. Naturalmente visto il notevole numero di spire necessarie (circa 13.000) il perfetto allineamento delle stesse e l’inserzione di carta di isolamento tra i vari strati, non era pensabile un avvolgimento manuale, anche perché un momentaneo allentamento della tensione del filo, durante l’avvolgimento, pregiudicherebbe il lavoro svolto. Per fortuna l’amico Franco Nervegna ha procurato una bellissima e robusta avvolgitrice degli anni ’50 adattissima alla bisogna.
Il tutto è stato montato e sono cominciati gli esperimenti per ottenere le migliori scintille.
Purtroppo i contatti dell’interruttore si ossidano facilmente e creano grande instabilità di funzionamento. Forse ci vorrebbero dei contatti con delle puntine platinate e non in argento. Anche le scintille dell’interruttore dell’avvolgimento primario, che dovrebbero essere soppresse o molto ridotte dal condensatore, a volte sono molto forti tanto da annerire l’ancora in ottone che porta il contatto.
Comunque si é riuscito ad avere scintille sul secondario di 16 mm di lunghezza tra le punte, che considerato il piccolo rocchetto costruito, è in linea con le aspettative e ci ha dato molta soddisfazione .
Il rocchetto di Ruhmkorff godè di grande popolarità fin dalla sua invenzione perché le scariche tra i suoi elettrodi apparivano magiche e stupefacenti ed affascinò molti studiosi ed un vasto pubblico. Ciò spiega anche come, per un periodo di tempo molto lungo, fin quasi alla soglia del millenovecento, lo studio delle scariche elettriche sia stato rivolto con maggiore predilezione a descrivere e a classificare empiricamente questi fenomeni più che a interpretarli razionalmente e a valutarli dal lato quantitativo. Poi ebbe buon impulso per merito di Rontgen che nel 1896 lo applicò alla sua geniale invenzione e più tardi ancora il rocchetto grazie a Marconi trovò un nuovo sbocco nella telegrafia senza fili. Quali furono le successive applicazioni? Probabilmente nessuna; però resterà sempre il ricordo della fama che ebbe e lascerà certamente nell’animo del dilettante un sentimento nostalgico per la soddisfazione di averne costruito qualche modello e di aver potuto eseguire tante belle esperienze che una volta potevano sembrare nate da un regno di fantasia.
Il bravo Luciano, armato di tornio, bobinatrice e tanta buona volontà, partendo da documentazione dell’epoca, ha realizzato questo strumento finito e funzionante. Sicuramente lo utilizzeremo nei nostri prossimi laboratori didattici sulla radio. L’esempio andrebbe seguito da tutti quei radioamatori moderni che invece acquistano apparati fantasmagorici pieni di lucine e pulsantini, ma spesso non si chiedono cosa ci sia dentro, l’importante è partecipare al Pile-Up ma non sperimentare o autocostruire, cioè lo spirito del radioamatore.
Grazie Luciano!
Il commento è di Franco Nervegna IZ0THN